Quando la realtà supera l'immaginazione

 



A Castelvetrano succedono sempre cose strane che non succedono altrove.

Succede che ogni anno i capi del complotto contro Castelvetrano, quelli che vogliono trascinare nel fango il buon nome della città del pane nero, del principe e del filosofo fascista Gentile, i capi di una schiera di complottisti che vanno dagli antipatrioti locali ai pochissimi giornalisti traditori della propria terra, dai media nazionali a quelli internazionali che fanno a gara a fare apparire la nostra ridente cittadina per quello che non è, una città mafiosa, quando invece noi la mafia non sappiamo neanche cosa sia, i capi di questa spectre internazionale che si è prefissa di lordare il buon nome di un piccolo sconosciuto villaggio sperduto nel profondo niente economico e sociale, nel bel mezzo del nulla, i Carabinieri, infangatori seriali, arrestino decine di mafiosi o presunti tali (la mafia non esiste, come possono esistere i mafiosi?).
Succede che in seguito a queste finte operazioni di pulizia si levino voci di protesta da parte dei nostri notabili:

 



L'avvocato Passanante, ex candidato sindaco di Campobello alle scorse amministrative, a una domanda sulla mafia, oltre a quello che si può leggere nella foto subito sopra, rispose:

«Al di là delle vicende giornalistiche, senza le sentenze non mi permetto di affrontare questo argomento. Poi, a Campobello uno può conoscere una persona e magari l'indomani, secondo la procura della Repubblica (NdR: Non secondo me!!) , spunta che è presunto mafioso (NdR: sia chiaro, ho detto "presunto"!). E ci rimani, soprattutto se sei uno che lavora e poi torna a casa dalla famiglia, senza particolari frequentazioni.»

Lascio giudicare a voi il grado di paura reverenziale, di contorsione prudenziale, di patologica cautela nel parlare di mafia. Giudicate voi quanto è potente e temuta la mafia.



Errante, da sindaco di Cvetrano: «Matteo Messina Denaro non è il primo dei nostri problemi.»


Giovanni Lo Sciuto da membro della Commissione Antimafia: «Sono preoccupato per le sorti di una comunità, già pesantemente fiaccata dalle recenti vicende, già piegata dal marchio di una mafia della quale nessuno nega l'esistenza, ma che invero non ha quelle pesanti propaggini che alcuni vorrebbero far apparire.»



L'ineffabile ex assessore che per 20 anni visse di politica, negli anni in cui certosinamente si costruivano le basi del presente dissesto, Francesco Saverio Calcara, rimproverò alla Petyx di volere usare come slogan antimafia la frase "La mafia fa schifo!". E sapete perché? Perché «quella frase – la mafia fa schifo – campeggiava a Palermo in centinaia di manifesti commissionati da un presidente di regione che poi si fece qualche annetto di galera per concorso esterno con la criminalità organizzata.»

 Una considerazione da uomo "preculturale". 

Come dire che non si devono più pronunciare le parole "Ti amo" perché anche i bugiardi le dicono!


E la rimproverava perché «... l’antimafia si fa con i comportamenti, con i fatti concreti e non con le goliardate demagogiche e che, in ogni caso, eri nel posto sbagliato.»

Con i comportamenti e i fatti concreti che lui non si è mai sognato di mettere in atto e l'unica cosa che sa fare "contro" la mafia è minimizzarne la portata! Nel posto sbagliato? La capitale della mafia che ha dato i natali al capo di cosa nostra, che ha visto arrestati ormai centinaia di cittadini per mafia, sarebbe il posto sbagliato?

E, poi, ancora:

«Pensi davvero che Castelvetrano sia la capitale della mafia...quando oggi gli interessi di cosa nostra, (gli) “affari” si gestiscono per via elettronica e hanno probabilmente la loro sede nelle capitali della grande finanza?»

«Questo e altro avrei voluto dirti, cara Stefania, ma, ovviamente, parlando io un passabile italiano, e argomentando fuori dalla vulgata, la mia intervista, come già in passato, sarebbe stata inesorabilmente tagliata.» Che presunzione, che arroganza vuota, che supponenza! Ah! se avessi intervistato me, invece di quei «due rincoglioniti che miseramente nicchiavano, quei quattro stronzetti di paese che ti seguivano con la macchina» io sì che ti avrei messo in riga con il «mio Italiano fuori dalla vulgata».





Questa gente che ci ha amministrato negli anni non sanno fare di meglio che minimizzare e nascondere una verità nota a tutti e gravissima per le ripercussioni che ha sul nostro territorio in termini di economia, di corruzione e di amministrazione della cosa pubblica. Gente che davanti alla mafia, al fenomeno mafioso si nasconde e gioca con frasi trite e ritrite della negazione della mafia.

Tutti a scagliarsi contro la Petyx e compagnia, ché non costa niente, in nome della tesi che c'è in atto un complotto planetario contro il buon nome di Cvetrano.



Poi venne lo scioglimento del comune, indovinate perché?, per mafia.

 


E ditelo che anche voi, Ministro dell'Interno, Commissione antimafia e compagnia bella, siete prezzolati dalla spectre planetaria contro il buon nome della città!

Signori ma “pensate davvero che Castelvetrano sia la capitale della mafia... nell'era di internet?”.

Anche di fronte a questo provvedimento duro e pesante si sollevarono proteste e i minimizzatori prezzolati cominciarono a dire "Vogliamo le prove", "Non è vero", mentre un consigliere intercettato diceva che si sarebbe fatto 30 anni di galera per Matte'. Però non scrivevano a destinatari specifici come con la Petyx.

Francesco Saverio Calcara non scrisse lettere aperte al ministero, al presidente della repubblica. Errante dovette rassegnarsi ad ammettere che Matteo era, forse, il primo dei problemi e Lo Sciuto magari sarà rimasto del parere che "La mafia non è poi quella cosa che alcuni vogliono fare apparire".

 

 

 


Però una lettera all'allora ministro Salvini qualcuno la scrisse, l'ex candidato sindaco che con lo scioglimento vide troncate le sue ambizioni politiche, Perricone.

Durante il commissariamento di Caccamo e dei suoi collaboratori, si prese la briga di andare a spiare i profili facebook privati dei commissari, i loro "Mi piace", i loro post, le loro condivisioni e rimase talmente inorridito e sconcertato che sentì il bisogno prepotente di scrivere a Salvini per informarlo che i commissari criticavano lui, il ministro, e che erano, in buona sostanza dei "comunisti".

Cose che succedono a Cvetrano!!

 






Ma il massimo della stranezza si ebbe subito dopo una lagnanza che, in una intervista in tv, aveva espresso il commissario Caccamo: «Una commissione straordinaria, che oggi rappresenta lo stato, rappresenta l'istituzione sul territorio, non viene vista di buon occhio. La realtà di Castelvetrano è un po' più peculiare. Quella diffidenza iniziale non si è trasformata nell'auspicata collaborazione. Purtroppo, non penso che sia una questione di diffidenza, oramai, ma, probabilmente, proprio di cultura».

 

 

 

Apriti cielo! «La Castelvetrano che si ribella e reagisce… all’etichetta di mafia» titolava qualche giornale. Un altro «Castelvetrano si ribella ai pregiudizi: “Non siamo tutti mafiosi”». La bufera sulle parole di Caccamo non fu innescata solo sui social da buontemponi superficiali.

 

 

 

No, si ribellò anche la Cvetrano cosiddetta "bene", certi notabili con ambizioni politiche e il sempreverde Francesco Saverio Calcara, naturalmente, i quali si precipitarono a riunirsi in un comitato cittadino, che fu poi stabilizzato con il nome di Orgoglio castelvetranese, che subito decise di indire una manifestazione, un corteo che riaffermasse la dignità e l'onore di cittadini ingiustamente etichettati come mafiosi per il solo fatto di essere castelvetranesi. "Addirittura saremmo portatori di una cultura mafiosa?" Questa è una cosa indegna, non si può condonare una simile accusa.

 

 

#siamocastelvetranesinonsiamomafiosi fu lo slogan del corteo che, poi, di fronte alle critiche del commissario e del presidente della commissione antimafia Fava, fu "riveduto e corretto" - disse Fava - non più contro le parole del commissario ma per affermare il proprio amor patrio, contro la mafia addirittura, senza che ebbero mai il coraggio di adottare uno slogan meno insipido e più forte di quello scelto. Né Fava, né i commissari, pur invitati all'ultimo momento, vollero partecipare a una manifestazione chiaramente contro lo stato.

 



Un favore alla mafia!

Quando la realtà supera l'immaginazione.

A Caccamo, che aveva gestito altri comuni sciolti per mafia, ma, per completezza, anche a tutti gli altri commissari dello stivale, mai era capitato di vedersi organizzata una manifestazione contro, mai nessun paese mafioso aveva avuto l'ardire di manifestare pubblicamente contro lo Stato. D'altronde ci sta! Siamo o no la capitale della mafia, la città natale del capo dei capi? Forse solo qua poteva succedere.

 

 

 


Naturalmente mai è venuto loro in mente di andare al capo dell'acqua, di andare a manifestare sotto la sede dei capi della spectre internazionale che complotta per sporcare il buon nome della nostra amena cittadina, con il pane e l'olio più buoni del mondo, i Carabinieri che, imperterriti, continuano a farlo arrestando decine di persone con la "scusa" della mafia. Un bel sit-in davanti al Ministero dell'interno o a quello della difesa avrebbe il merito di individuare i colpevoli del complotto planetario. Non la Petyx!

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