Perché, Catherine Deneuve?

È sempre un duro colpo quando un mito che coltivi da quando avevi i calzoni corti, un mito di eleganza, di bellezza, di recitazione si infrange sulla battigia della sua stessa idiozia.
Catherine Deneuve ha sentito il bisogno di firmare con altre 
cento signore 
dell'arte e dello spettacolo un appello 
in difesa dei maschietti ingiustamente attaccati da altre donne. 

In un momento in cui si richiederebbe appoggio e solidarietà 
almeno da parte delle altre, 
queste, invece, sentono il
bisogno di difendere i maschi da quello che secondo loro
è un attacco da parte di donne che scambiano il
corteggiamento con le molestie. Sia che tutte le
firmatarie dell'appello, donne di potere le quali
tuttalpiù si trovano nella posizione di molestare, non
siano state mai fatte, eccezionalmente, oggetto di
molestie dai loro registi e produttori, sia che le
abbiano accettate di buon grado, non è loro consentito di
discreditare altre donne che la stessa cosa, ammesso che
parlino della stessa cosa, l'hanno vissuta diversamente e
con maggiore sofferenza. Ognuno ha il diritto di rimanere
traumatizzato da ciò che il suo vissuto e le sue
ammaccature psicologiche ritengono. Ripeto che nel
periodo della schiavitù dei negri in America, uno dei
fenomeni più inquietanti e offensivi per la dignità di
una persona era quello della richiesta di prestazioni
sessuali alle schiave, non importa se sposate o madri o 

bambine. Il corteggiamento e "quel sottile gioco che si
chiama Eros" richiedono un rapporto alla pari, tra pari,
che non può esserci tra re e suddita, tra produttore e
attrice, tra datore di lavoro e dipendente, tra padrone e
schiava. Questo è il significato del movimento americano
#MeToo e la manifestazione delle attrici americane che,
alla consegna dei Golden globe a Los Angeles, si sono
vestite tutte di nero per solidarietà alle donne oggetto
di molestie sessuali. Non lascia adito ad alcun dubbio
anche il fatto che l'appello sia stato firmato in
concomitanza con questa "protesta". Questo non mi
impedirà di apprezzare la grandezza, se non della donna,
dell'attrice nel film di Bunuel "Belle de jour". Mi è piaciuta e 

sottoscrivo la risposta di Asia Argento, che difendo volentieri 
in questo frangente sebbene non mi abbia mai provocato 
eccessiva simpatia, alla sortita dell'attrice francese:
"Lei e le altre firmatarie dicono al mondo come la loro 
misoginia interiorizzata le abbia lobotomizzate sino al punto di non ritorno". 
Altri la chiamerebbero "sindrome di Stoccolma".

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