La mafia non esiste (parte seconda.)
Era
facile trovare, allora, chi si meravigliava di tutto questo dibattere
di mafia: immersi com'erano in una realtà che non prevedeva
alternative, non capivano quale fosse il problema.
Molti,
seguendo la più tradizionale filosofia delle tre scimmiette, ne
negavano l'esistenza, intuendo che per “altri” non era una cosa
tanto buona e consapevoli che l'omertà allunga la vita.
C'era
anche allora chi, come me, viveva dolorosamente e criticamente questa
piaga sociale, pur senza impegnarsi in prima persona specificamente
contro la mafia.
L'impegno
anti-mafia era allora una prerogativa del partito comunista, l'unico
dalla parte dei contadini nella lotta contro i potentati appoggiati
dalla mafia. L'unico che annoverava nelle sue fila sindacalisti e
contadini uccisi dalla mafia. Riina, che s'intendeva di politica
oltre che di stragi e acido, al processo Scopelliti, lo disse al
giudice chi erano i responsabili di questa caccia alle streghe di cui
lui era “vittima”:
“Sono i comunisti che portano avanti queste cose:il signor Violante, il signor Caselli da Palermo.C’è tutta una combriccola, c'è il signor Arlacchi che scrive... Che cosa scrive il Signor Arlacchi? Tutte cose comuniste,me lo lasci dire… Loro portano avanti queste cose.Il governo si deve guardare da questi attacchi comunisti”.
Altro
che dalla mafia.
Ignazio e Nino Salvo, esattori e mafiosi |
In
quel contesto la Democrazia Cristiana e la mafia crebbero insieme nel
nuovo assetto repubblicano e democratico.
Tutti
sapevano che i voti della mafia andavano a quel partito e che in quel
partito militavano politici vicini ai mafiosi.
Tutti
sapevano chi era Ciancimino, chi era Gioia, chi era Lima,
chi erano i Salvo e i loro referenti.
I Salvo, con i loro intrallazzi, alleanze mafiose e entrature alla Regione, per decine d'anni s'arricchirono a spese dei Siciliani, che dovevano versare nelle tasche di Nino e Co. 10 centesimi ogni euro di tasse (10 lire ogni cento) quando la media nazionale era del 2,5%.
Nell'anno dopo il sequestro, ad opera di Totò Riina, di Corleo, suocero di Nino Salvo, morirono ammazzate diciassette persone in qualche modo legate al sequestro, tranne i mandanti.
chi erano i Salvo e i loro referenti.
I Salvo, con i loro intrallazzi, alleanze mafiose e entrature alla Regione, per decine d'anni s'arricchirono a spese dei Siciliani, che dovevano versare nelle tasche di Nino e Co. 10 centesimi ogni euro di tasse (10 lire ogni cento) quando la media nazionale era del 2,5%.
Nell'anno dopo il sequestro, ad opera di Totò Riina, di Corleo, suocero di Nino Salvo, morirono ammazzate diciassette persone in qualche modo legate al sequestro, tranne i mandanti.
Il cadavere di Lima |
Mi
ricordo della mano birichina di un Castelvetranese,
dotato di senso dell'umorismo, il quale,
sui manifesti che annunciavano un comizio di Salvo Lima,
dotato di senso dell'umorismo, il quale,
sui manifesti che annunciavano un comizio di Salvo Lima,
al
nome a caratteri cubitali dell'”onorevole” aveva fatto
precedere la scritta Tutti onesti Salvo Lima.
precedere la scritta Tutti onesti Salvo Lima.
La
Democrazia Cristiana non aveva solo l'appoggio della mafia, ma anche
quello della Chiesa, che vedeva in essa il baluardo indispensabile
contro l'avanzata degli atei comunisti. Non suona strana, allora, la
straordinaria consonanza, con quelle di Riina succitate, delle parole
che il Cardinale Ruffini, ossessionato dal mangiatore di bambini
comunista, scrisse in risposta a una lettera di Angelo Dell’Acqua.
Il sostituto della segreteria di Stato del Vaticano invitava il
Cardinale ad una azione più incisiva contro la mafia e ad un'opera
di dissociazione più chiara della mentalità della cosiddetta
“mafia” da quella religiosa.
Queste le parole del Cardinale:
Queste le parole del Cardinale:
Antonino Cassarà , Roberto Antiochia e Giuseppe Montana |
Andreotti, Gioia e Ciancimino, già padroni di Palermo. |
Purtroppo
il caso del Cardinale Ruffini, uomo colto del nord, vittima di un
abbaglio rovinoso nella sua sottovalutazione del fenomeno mafioso,
non era isolato. La classe politica, la magistratura, la stampa
stessa non avevano, o non volevano avere, esatta contezza della
gravità del fenomeno mafioso.
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