Nessuno saprebbe dire "Mi dassi un mazzu d'accia" in Inglese, né in Francese, né in Latino. 1






    Quando, qualche anno fa, espressi questo mio giudizio negativo sugli studi classici, qualcuno mi chiese se proprio non salverei niente del mio liceo classico. Molti, ex studenti e insegnanti del classico, protestarono con molta decisione e qualcuno che insegnava al liceo classico si disse delusa, offesa. Non pensavo di toccare corde così profonde. Io parlo del sistema, non delle persone.

    È, tuttavia, ciò che penso. Non pretende di essere "la" verità! Solo la mia! Giusto un'opinione.

    La causa occasionale della mia esternazione fu la lettura di questa considerazione fatta da Guareschi:

«Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto “sonoro” potrà parlare per un’ora senza dire niente. Cosa impossibile col latino.» — Giovannino Guareschi, Chi sogna nuovi gerani?

    Se penso che il mondo romano vantava oratori del calibro di Apuleio, Caio Gracco, Plinio il giovane, Marco Antonio, Lucio Licinio Crasso, Marco Porcio Catone e, il dolce alla fine, Cicerone, l'affermazione di Guareschi mi sembra una sonora sciocchezza. Ancor di più mi sembra una considerazione di poco valore se penso all'oratoria in lingue diverse dal Latino: l'oratoria avvincente e per niente vuota di Fidel Castro, di John F. Kennedy, di Martin Luther King, di Barack Obama, di Gheddafi, di Gian Carlo Paietta. 

    Il Latino, come qualsiasi lingua, può essere utile come lo è qualsiasi conoscenza si acquisisca. Penso anche che, anzi, si guadagnerebbe molto di più a studiare una lingua viva. Ma noi ancora facciamo il panegirico del Latino, sostenuto da quella sciocchezza che aiuterebbe a "ragionare" e via sragionando, come se il cinese, il tedesco o l’arabo ostacolerebbero il ragionamento.  Sosteniamo la necessità del suo studio a scuola, col risultato che gli Italiani, gli isolani in particolare, non conoscono né il latino né l'inglese o il francese, né le lingue morte né quelle vive. Nessuno saprebbe dire "Mi dassi un mazzu d'accia" in Inglese, né in Francese, né in Latino. L'utilità più appariscente è per qualcuno che ama far bella figura con quelle quattro frasette, che, peraltro, conoscono anche quelli che non l'hanno studiato: Ubi maior minor cessat, Condicio sine qua non, Ad maiora semper, Carpe diem e, il dolce alla fine, Dulcis in fundo!


    Il Latino si è evoluto in altre lingue che niente hanno da invidiare alla lingua madre per ricchezza e potenzialità espressive.

    Più lingue vive e meno lingue morte.

    Non ho niente contro lo studio del latino né contro il Liceo classico. Ce l'ho con la "preminenza", con la centralità attribuita a tale scuola, con il liceo classico per un secolo scuola d'élite (economica), con il liceo visto come scuola superiore alle altre. 

    Ci può stare una scuola di nicchia per chi ama il Latino e il Greco, per chi vorrà fare l'insegnante di latino, di greco o italiano nella vita. 

    Per tutti gli altri che vogliano scegliere altre strade, altre professioni è una scuola assolutamente inadatta. 

    E sarebbe anche ora, dopo un secolo che noi italiani non primeggiamo nei risultati scolastici rispetto ad altre nazioni progredite, che riuscissimo a diradare l'aura di sacralità che da troppo tempo avvolge immeritatamente questi studi.


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